Pur restando le vie respiratorie la porta d’accesso privilegiata dal Coronavirus, attraverso le particelle virali presenti nelle goccioline espulse (droplet), per molti Scienziati le mucose degli occhi non devono essere sottovalutate.
La congiuntivite da Coronavirus si può presentare nell’0.8% dei casi.
La congiuntivite è uno dei disturbi più comuni per gli occhi di piccoli e grandi. Può essere di origine virale o batterica. Si localizza a livello della congiuntiva, la membrana trasparente che ricopre l’interno della palpebra e il bulbo oculare.
In generale, le congiuntiviti conoscono differenti cause: infettive, allergiche, da alterata lacrimazione e tossiche.
Nell’ambito delle congiuntiviti infettive, le più frequenti sono quelle di origine virale. Queste possono avere un andamento epidemico e spesso si associano a segni di infezioni delle vie aeree superiori come raffreddore e mal di gola.
Le caratteristiche cliniche comuni a tutte le congiuntiviti virali sono:
- Congiuntiva intensamente iperemia e congesta con sensazioni di bruciore, prurito e fotofobia
- Frequente linfoadenopatia preauricolare (linfonodi ingrossati).
La congiuntivite virale si distingue da quella batterica per la lacrimazione abbondante e per la fotofobia. Inoltre, l’origine virale della congiuntivite è pressochè certa in presenza dei tipici sintomi influenzali, ossia è strettamente legata a raffreddore ed influenza.
Pertanto, una congiuntvite acuta ed isolata, non deve immediatamente far pensare ad infezione da Coronavirus. Bisogna, invece, porre attenzione se si presenta assieme ad altri sintomi che rientrano nel quadro di Covid-19.
Una Ricerca pubblicata sul Journal of Virology ha scoperto che su 30 pazienti cinesi con l’infezione, uno aveva congiuntivite e il virus Sars-Cov-2 era presente nelle sue secrezioni oculari, mentre in uno studio su Jama Ophtalmology su 38 pazienti 12 (31.6%) avevano il virus in queste secrezioni. Fra i sintomi riferiti, si evidenziava rossore, edema della congiuntiva, lacrimazione o aumento delle secrezioni. Inoltre i pazienti, con sintomatologia oculare, presentavano leucocitosi (aumento del numero dei globuli bianchi) e linfocitopenia (riduzione del numero dei linfociti). Nel 16.7% dei pazienti Covid-19 con congiuntivite avevano mostrato positività al Sars-Cov-19 oltre che al tampone faringeo anche nel liquido congiuntivale (lacrime).
Alla luce di questi Studi, l’American Academy of Ophtalmology (AAO) indica in una nota che i pazienti con congiuntivite che hanno anche febbre e sintomi respiratori potrebbero avere l’infezione Covid-19. Al contrario, bruciore e rossore agli occhi e congiuntivite da soli possono essere anche segnali di un disturbo di natura allergica – frequente in primavera – o di altre infezioni batteriche o virali, ma non dovute al nuovo coronavirus. Si ricorda in particolare che l’OMS pone fra i sintomi comuni febbre, stanchezza e tosse secca, e fra le manifestazioni meno diffuse, affanno, dolori muscolari, mal di gola e in pochi casi diarrea, nausea e raffreddore.
Eppure, un team della Washington University di St.Louis ha scoperto che non tutti i tessuti dell’occhio sembrano sensibili all’infezione da Coronavirus: in particolare nella cornea, la lente trasparente che copre l’iride e la pupilla, non c’è replicazione virale.
I Ricercatori hanno testato in laboratorio 25 cornee provenienti da donatori deceduti per verificare se il tessuto fosse sensibile all’attacco di alcuni virus: Zika, Herpes simplex 1 e Sars-Cov-2. Mentre Zika e Herpes simplex 1 riuscivano a infettare e a replicarsi nelle cellule delle cornee (sia umane sia murine), lo stesso non è avvenuto per il Coronavirus.
Il motivo, ammettono gli Scienziati, non è chiaro. Anche nella cornea, infatti, sono presenti i recettori che fungono da porta d’ingresso per Sars-Cov-2. Una possibile spiegazione poteva essere l’intervento di una molecola (l’interferone lambda), prodotta dal tessuto, in grado di impedire l’infezione, ma anche quando i Ricercatori hanno provato a inibirla il risultato non è cambiato.
Per saperne di più, sottolineano gli autori dello Studio, pubblicato su Cell Reports, bisognerebbe innanzitutto ampliare il campione d’indagine e, una volta appurata l’effettiva resistenza della cornea all’infezione, vagliare altri possibili percorsi antivirali.
Altri Studi, invece, hanno evidenziato che negli occhi si trova un gruppo di cellule che può favorire l’accesso al Coronavirus SARS-CoV-2 nel nostro organismo, determinando la potenziale infezione (COVID-19). In queste cellule, infatti, è stata rilevata una elevata concentrazione dell’enzima 2 di conversione dell’angiotensina o ACE2, il recettore che il patogeno sfrutta per scardinare la parete cellulare, riversarsi all’interno, avviare il processo di replicazione e dunque scatenare la malattia.
Dalle analisi è emerso che le cellule con la maggior espressione di ACE2 si trovano nella cornea e nella congiuntiva. Quelle congiuntivali presentano anche un’elevata espressione dell’enzima TMPRSS2, una proteasi serinica della superficie cellulare umana che gioca anch’essa un ruolo importante nella COVID-19. Quando infatti la Proteina S del Coronavirus inizia ad aggredire le cellule umane, si suddivide in due componenti (S1 ed S2) grazie al supporto di un’altra proteasi, probabilmente la Furina. S1 si lega direttamente al recettore ACE2, mentre S2 al TMPRSS2. A causa di queste caratteristiche, Studi cinesi ritengono che le cellule oculari abbiano un ruolo significativo nell’infezione. Scienziati italiani dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive (INMI) “Lazzaro Spallanzani” di Roma hanno invece determinato che la COVID-19 possa essere diffusa anche dalle lacrime e dalle secrezioni congiuntivali, dove il virus è in grado di replicarsi.
Pertanto, gli occhi non sono soltanto una delle porte di ingresso del virus nell’organismo, ma anche una fonte di contagio. Pertanto si valorizza l’utilizzo di visiere, occhiali e altre protezioni oculari, quando si è in un contesto in cui c’è il rischio di infezione.
Terapia
Essendo un’infezione virale autolimitante, la terapia è essenzialmente di supporto:
- Sostituti lacrimali
- Cortisonici di superficie
Lenti a contatto, sì o no?
Un altro tema dibattuto dai media è legato alla salute degli occhi riguarda l’uso delle lenti a contatto durante la pandemia. Ciò che ormai sappiamo e viene ripetuto spesso dall’OMS e dalle altre autorità, è che è importante non toccarsi naso, occhi e bocca con le mani non lavate, che sono il principale veicolo del virus. A questo scopo, alcuni oftalmologi suggeriscono, se possibile, di utilizzare gli occhiali durante questo periodo al posto delle lenti a contatto. Sostituirle con gli occhiali può ridurre l’irritazione e portare la persona a ritardare il contatto delle mani sugli occhi.
Qualsiasi opzione si scelga è importante evitare di strofinarsi gli occhi e se si sente il bisogno di farlo lavare con cura prima le mani.
Nel frattempo il consiglio è di continuare con le misure di igiene e prevenzione indicate, che prevedono anche l’utilizzo di occhiali protettivi o visiere.
La prudenza con questo virus non è mai troppa.
Letture consigliate
- Virologia. Dulbecco R., Ginsberg H.S. Piccin, 1985: 1352-55.
- Microbiologia Medica. Coronoviridae. Clementi M. CEA, 2017: Cap.53: 224-233.
- Coronavirus CoVId-19. Aspetti epidemiologici e Clinici. Belli R. LILT Ed.2020.