La visita oculistica (1/5)

La visita oculistica si avvale di una ampia gamma di strumenti tecnologici che consentono di studiare, in modo approfondito e preciso, la struttura dell’occhio sia dal punto di vista morfologico che funzionale. Tuttavia gli esami più correnti sono di facile esecuzione, in modo tale da raccogliere rapidamente un considerevole numero di dati.

ANAMNESI
Si parte sempre da un’anamnesi, cioè la raccolta di informazioni mediche recenti e passate, che deve essere minuziosa. Innanzitutto, è importante non perdersi nei particolari e cercare di sapere a grandi linee qual è il motivo che ha indotto il paziente a consultare l’oculista: è importante naturalmente precisare anche la cronologia dei disturbi.

L’ESAME DELL’ACUITA’ VISIVA

L’esame dell’acuità visiva è un momento essenziale, in quanto la funzione dell’occhio è quella di vedere. Si tratta della capacità che ha il nostro apparato visivo di distinguere, due punti vicini, come separati in funzione della distanza che li separa e della lontananza dell’osservatore: viene espressa in diottrie. Si misura da lontano (oltre 5 metri) e da vicino (a 33 cm). Per la determinazione dell’acuità visiva ci si avvale di tavole ottotipiche e di occhiali di prova muniti lenti e di opportuno occlusore. Gli ottotipi sono degli stimoli utilizzati nella valutazione dell’acuità visiva e possono essere di diverso tipo: lettere dell’alfabeto, numeri arabi, “E” di Albini, “C” di Landolt, immagini stilizzate di oggetti o di animali. Essi vengono presentati sotto forma di tavole illuminate o transilluminate con un proiettore o su uno schermo  tipo televisore o monitor di un computer.

L’acuità visiva considerata normale è pari a 10/10 (Monoyer), 1.0 (Decimale), 20/20 (Snellen), 0.0 (LogMar). È importante sottolineare che l’acuità visiva non esprime né il difetto visivo né la sua entità. Infatti si può avere un visus corretto di 10/10 con un difetto di vista. La misurazione dell’acuità visiva deve essere effettuata sia naturale, cioè senza correzioni con lenti, e sia con correzione. Il paziente viene posto ad una distanza variabile tra 3 e 5 metri (per evitare il fattore accomodativo) e viene invitato a leggere le lettere con un occhio per volta, prima senza e poi con le lenti correttive più idonee.

Per misurare l’acuità visiva da vicino, il paziente è invitato a leggere, con un occhio per volta, frammenti di scritto con caratteri sempre più piccoli, ad una distanza di 33 cm.

La strumentazione che ci aiuta nella determinazione dell’acuità visiva sono il forottero e l’autorefrattometria.

Il forottero è costituito da un sistema contenente un insieme di lenti correttive e permette di effettuare la prescrizione delle giuste lenti ed anche una misurazione del difetto refrattivo.

L’autorefrattometria si avvale dell’autorefrattometro che è uno strumento automatico che consente di determinare il difetto refrattivo dell’occhio analizzato. È un apparecchio utilizzato di routine nella pratica clinica in quanto di facile applicazione.

BIBLIOGRAFIA

  1. Miglior M.: Oftalmologia Clinica. Monduzzi Editore, 2006.
  2. Liuzzi L., Batoli F.: Manuale di oftalmologia. Edizione Minerva Medica, 2002.
  3. Frezzotti R., Guerra R.: Oftalmologia essenziale. CEA Editore, 2006.
  4. Saraux H.: Oculistica. Masson, 1997.
  5. Buratto L.: L’occhio, le sue malattie e le sue cure. Sprinter, 2010.

ICONOGRAFIA

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